Tema: Comunicazione pubblica

Dall'intreccio Politica/Informazione all'intreccio Politica/Comunicazione Istituzionale

Una ricostruzione storica della comunicazione pubblica e un'analisi sugli effetti della legge 150/2000 e della Direttiva Frattini sulla Comunicazione. (Un ringraziamento alla Fondazione Salernitana Sichelgaita e la notazione che l'articolo compare con altro titolo sul n. 3/2002 della Rivista "Matrix". La Redazione di Pubblic@ndo.)

di Linda Lanzillotta

 
Un ringraziamento alla Fondazione Salernitana Sichelgaita e la notazione che l'articolo compare con altro titolo sul n. 3/2002 della Rivista "Matrix".
 
La Redazione di Pubblic@ndo
 
 
Si sentiva l'esigenza di una legge che identificasse principi, regole e obiettivi per le attività di comunicazione realizzate dalle amministrazioni pubbliche. Infatti la presenza della comunicazione nel villaggio globale è cresciuta nel corso degli anni novanta in modo spontaneo e tumultuoso e ha prodotto una vera e propria rivoluzione del modo di essere e di operare delle amministrazioni, senza che però il cambiamento sia stato governato o, quanto meno, sia stato oggetto di attenzione e riflessione.

Tant'è che le iniziative di comunicazione delle amministrazioni pubbliche hanno spaziato dagli strumenti propri della comunicazione di servizio a quelli del marketing politico, dalla sondaggistica alla promozione dei ''prodotti'', mentre sono mancati criteri sufficientemente solidi per identificare in modo certo quali di tali iniziative rispondano agli scopi e alle priorità propri delle amministrazioni e quali invece appartengano ad un'area assai contigua, ma molto diversa nelle sue finalità, che è quella della comunicazione politica.

Da qui la necessità di una legge per definire le regole che devono presiedere alle relazioni e alle comunicazioni che le istituzioni pubbliche realizzano con i cittadini attraverso i nuovi media e soprattutto attraverso la rete.

Per aiutare gli operatori delle pubbliche amministrazioni ad orientarsi in un mondo che, rispetto alla tradizionale cultura amministrativo-burocratica, impone l'adozione di punti di riferimento, codici, linguaggi, del tutto ignoti. Per aprire le porte delle organizzazioni pubbliche e dell'impiego pubblico alle nuove professioni nate e sviluppatesi intorno al mondo della comunicazione e dei new media. Per qualificare le caratteristiche proprie della comunicazione istituzionale. Per prevenire o contrastare un uso improprio della comunicazione attivata dalle istituzioni.

Era il 1979 quando il Rapporto Giannini individuò nella comunicazione uno degli strumenti indispensabili per aprire le amministrazioni ai cittadini, per renderle accessibili e trasparenti e, di conseguenza, coerenti con i principi di efficienza ed imparzialità affermati dalla nostra Costituzione (artt. 97 e 98).

L'adozione, se pure parziale, timida e graduale, di strumenti per informare i cittadini sulle attività svolte dalle amministrazioni pubbliche, sui servizi e sulle prestazioni erogate, sulle loro caratteristiche, sulle modalità di accesso, segna la transizione da una amministrazione autoritativa ad una amministrazione partecipata e accompagna l'evoluzione della disciplina e dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche realizzata nell'ultimo ventennio.


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 La disciplina:

. della Trasparenza del procedimento amministrativo;
. del Diritto di Accesso agli atti amministrativi.

L'istituzione:

. degli Uffici per le Relazioni con il Pubblico (URP);
. delle Carte dei Servizi.

Sono altrettante tappe del processo di costruzione di amministrazioni meno opache, più comprensibili e più aperte ai cittadini. Offrire servizi, illustrarne le caratteristiche, predefinire standard, dare ragione dei costi significa trasformare profondamente il rapporto tra amministrazioni e cittadini i quali non sono più destinatari di atti d'imperio del potere pubblico, ma utenti di servizi e prestazioni; significa sottoporsi al giudizio del "cliente", alla verifica di qualità e di efficienza dei servizi erogati. E in un mercato dei servizi pubblici che, anche se molto lentamente, man mano tende a liberalizzarsi, significa anche sottoporsi alla comparazione, al benchmarking con gli altri fornitori, pubblici e privati, di servizi analoghi; significa sottoporsi al giudizio e alla critica.

Ma, nonostante il dibattito scientifico la comunicazione, come elemento dell'azione amministrativa e di interazione con il cittadino, comincia ad affermarsi in Italia solo agli inizi degli anni '90. E non è un caso: sono quelli, infatti, gli anni della crisi del sistema politico basato sui partiti tradizionali in cui il consenso elettorale si fonda su adesioni di carattere generale e astratto, su grandi valori e schemi ideologici, ovvero in relazione alla rappresentanza organizzata di gruppi sociali e di categorie. Andato in crisi quel sistema dei partiti, il consenso elettorale assume una valenza assai più pragmatica e ''opportunistica'': contano, molto più di prima, il buon governo e la buona amministrazione, conta la qualità dei servizi e il loro costo.

Quasi contemporaneamente alla mutazione del sistema politico si verificano altri due fatti decisivi: da una parte l'integrazione del mercato europeo che rende stringenti e assai meno aggirabili le norme pro-concorrenziali; dall'altra parte, l'avvio del processo di unificazione monetaria che impone forti politiche di risanamento della finanza pubblica.

Il complesso di questi eventi produce uno shock nel sistema economico e produttivo del nostro paese al quale si impone di accrescere rapidamente la propria capacità competitiva. In tale contesto un'amministrazione pubblica inefficiente, costosa, incapace di interpretare i bisogni sociali rappresenta un handicap non più sostenibile: le imprese cominciano a prestare un'attenzione nuova ai problemi dell'amministrazione pubblica, a spingere per una sua rapida modernizzazione. E ciò anche in considerazione del fatto che le politiche di risanamento finanziario comportano una sensibile crescita della pressione fiscale: a fronte di questo maggiore costo (fiscale) imprese e cittadini pretendono una amministrazione più efficiente .

Crisi del sistema politico, unificazione del mercato europeo, risanamento della finanza pubblica, sono i fattori convergenti che concorrono ad imprimere una forte accelerazione al cambiamento nelle amministrazioni.

E' in questo contesto che assumono valore strategico gli strumenti della comunicazione istituzionale. Gli enti locali sono il laboratorio in cui, prima che altrove, si avvia la sperimentazione delle nuove forme di relazione tra amministrazione e comunità : si avviano gli URP, si approvano le Carte dei servizi in contraddittorio con le organizzazioni dei consumatori, si organizzano campagne per informare i cittadini sui servizi a loro disposizione, sui modi di accedervi, su nuove iniziative culturali e sociali. Sono dunque i sindaci, per la prima volta eletti direttamente dai cittadini che, dal 1993, ricorrono in modo massiccio all'uso dei nuovi strumenti della comunicazione e imparano a orientare, calibrare, affinare la propria azione amministrativa e politica attraverso un uso intenso dei sondaggi che testano costantemente il gradimento dei cittadini nei confronti del sindaco, delle iniziative dell'amministrazione comunale, dei servizi erogati.


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 La comunicazione istituzionale, nelle sue varie forme, diviene così una leva centrale dell'azione di governo, della relazione tra istituzioni e cittadino.

L'elezione diretta chiama infatti i sindaci a rispondere del loro operato; e su questo essi si giocano popolarità, consenso, rielezione sulla base di un rapporto diretto con i cittadini, senza più la mediazione dei partiti che, all'opposto di quanto avveniva in passato, vengono trainati dal successo elettorale del sindaco. E a partire dal 1994 questo schema si applicherà, nella sostanza, anche se con una legge elettorale molto diversa, alle elezioni politiche.

Gradualmente, lentamente ma ineluttabilmente la comunicazione istituzionale si intreccia, si sovrappone, si confonde con la comunicazione politica. E' su questa delicatissima materia che interviene la legge 150/2000 (1), legge senza dubbio sottovalutata dai commentatori politici e dagli studiosi delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche perché nata essenzialmente come legge ''corporativa'' dedicata soprattutto agli addetti ai lavori, in quanto destinata alla valorizzazione delle professioni della comunicazione e alla creazione per queste categorie di nuovi sbocchi occupazionali. Cosicché sotto la spinta corporativa delle categorie e delle lobbies interessate è stata approvata all'unanimità, senza che emergessero le criticità istituzionali della materia e passando praticamente sotto silenzio il fatto che si tratta di una legge che investe direttamente e profondamente il rapporto tra politica e informazione.


E che la legge 150 possa potenzialmente coinvolgere e condizionare tutto il sistema delle relazioni tra istituzioni e cittadini lo conferma la direttiva che nel febbraio 2002 ha emanato il Ministro della funzione pubblica Frattini per guidare e coordinare l'attuazione della nuova disciplina (2). La legge 150 identifica in primo luogo le attività riconducibili alla categoria della comunicazione istituzionale: viene così codificata per le amministrazioni pubbliche la possibilità di avvalersi di tutti gli strumenti della comunicazione di massa - stampa, audiovisivi, strumenti telematici - che possano risultare utili a:

...''illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative''...,
...''illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento''...
... ''favorire l'accesso ai servizi pubblici''...
...''promuovere conoscenze'' ... su temi di rilevante interesse pubblico e sociale...,
...''favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati''...
... ''promuovere l'immagine delle amministrazioni, nonché quelle dell'Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi di importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale'' (art.1).

E per fare questo, oltre ai programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria (quelli, per intenderci, che radio e televisione trasmettono al di fuori degli indici di affollamento gratuitamente o, come generalmente accade, a pagamento, ma con tariffe scontate del cinquanta per cento) le amministrazioni possono ormai utilizzare qualsiasi mezzo: pubblicità, distribuzione e vendite promozionali, affissioni, organizzazione di manifestazioni, partecipazioni a rassegne, fiere e congressi e qualsiasi mezzo di diffusione (strumentazione grafico-editoriale, strutture informatiche, funzioni di sportello, reti civiche, iniziative di comunicazione integrata, sistemi telematici multimediali).

La direttiva Frattini amplia ulteriormente questo strumentario e fa della comunicazione il focus del sistema di relazioni interne ed esterne delle amministrazioni, la chiave attraverso cui leggere e organizzare la missione di ciascuna di esse. Di conseguenza essa si sviluppa lungo tre linee distinte:

. il rapporto con i media;
. la comunicazione di servizio direttamente riferita al cittadino utente;
. la comunicazione interna.

Sotto quest'ultimo aspetto la comunicazione si pone alla base della costruzione di processi amministrativi non più organizzati sulla base del principio gerarchico ma ispirati a principi di partecipazione, di circolarità dell'informazione e di trasparenza. Principi di organizzazione che assumono importanza sempre crescente man mano che, in applicazione del principio di sussidiarietà, un numero sempre maggiore di competenze delle amministrazioni statali vengono attribuite ad altri livelli istituzionali (Regioni, Province, Comuni; circoscrizioni) o ad altri organismi pubblici (enti, agenzie, società di servizi) ovvero a soggetti privati.

Il crescere della complessità istituzionale ed organizzativa richiede condivisione delle conoscenze e delle informazioni, circolazione delle esperienze, interazione tra soggetti numerosi. Solo attraverso una corretta comunicazione interna, in grado di esplicitare e fare condividere obiettivi e metodologie di lavoro, è possibile far convergere verso un obiettivo comune tutte le articolazioni del sistema amministrativo. Così come solo attraverso una corretta informazione ai cittadini/utenti, un servizio pubblico, una prestazione sociale, una iniziativa culturale riesce a rispondere efficacemente alle finalità per le quali è stata pensata o al bisogno sociale cui ha inteso corrispondere.

Insomma: man mano che le amministrazioni si trasformano in organizzazioni che programmano, gestiscono o producono servizi per i cittadini, esse devono necessariamente adottare tutte le tecniche di comunicazione interna ed esterna all'organizzazione già sperimentate in ambito aziendale e tutti gli strumenti di analisi, verifica e ottimizzazione della customer satisfaction normalmente utilizzate dalle aziende di produzione di beni di largo consumo e di servizi per il pubblico.


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 Nulla quaestio dunque se a questo scopo si prevede di utilizzare la più ampia gamma di strumenti di comunicazione. E tuttavia non si può ignorare che una differenza di fondo tra un'impresa ed una amministrazione pubblica continua in ogni caso ad esistere: e cioè il fatto che quest'ultima opera in un mercato atipico per il quale alla fine "della catena del valore" vi è un indicatore di performance molto particolare rappresentato dal consenso elettorale. Da qui l'esigenza di regole chiare e necessariamente diverse da quelle che vigono in altre organizzazioni di produzione di servizi; di regole che operino una netta distinzione tra comunicazione istituzionale e di servizio e comunicazione politica.

Come si è già rilevato una distinzione tra queste due tipologie non può discendere da una classificazione dei diversi mezzi di comunicazione (ad esempio: la televisione fa comunicazione politica, internet fa comunicazione istituzionale); o, peggio ancora, sulla base di una analisi del contenuto del messaggio. Valutazioni di tal genere sarebbero quanto mai discutibili e si esporrebbero ad infinite polemiche; peraltro, allo stato della legislazione - come emerse in occasione della vicenda dello spot di Nonno Libero (3) - nessun organismo ha competenza a effettuare simili valutazioni (4) .

Se l'obiettivo è quello di fare della comunicazione uno strumento attivo ed efficace dell'azione amministrativa e allo stesso tempo evitare che si trasformi in uno strumento di propaganda o di promozione politica con uno squilibrio a favore dei partiti che compongono la maggioranza che sostiene il governo (che sia esso governo nazionale, regionale o locale) l'unica via percorribile è quella di definire accuratamente, in termini di strutture organizzative, risorse umane e finanziarie, a chi spettino, all'interno di ciascuna amministrazione, competenze e responsabilità, rispettivamente, in materia di comunicazione politica ed in materia di comunicazione istituzionale distinguendo le relative funzioni e aree operative.

Vanno rigorosamente separate le attività.

. Da una parte, quelle svolte dalle strutture di staff degli organi politici (Ministri, Sindaci, Presidenti di Regione, Assessori, ecc) e finalizzate ad illustrare l'attività politico-istituzionale degli organi di vertice delle amministrazioni e le iniziative istituzionali che attuano il programma di governo o traducono l'indirizzo politico; progetti di legge, programmazione di risorse finanziarie, piani di intervento, direttive alle amministrazioni per il miglioramento dei servizi e delle prestazioni; la comunicazione di questa attività è di competenza di strutture che supportano l'attività degli organi politici (e che la legge chiama "uffici di diretta collaborazione"), sono composte da personale scelto sulla base di un rapporto fiduciario e dispongono di budget modesti.

Dall'altra parte, le attività di comunicazione istituzionale in senso proprio, gestite dalle amministrazioni nell'ambito delle proprie competenze istituzionali sia in chiave di gestione delle relazioni interne alle organizzazioni pubbliche, sia per rendere più trasparente, accessibile ed efficace l'azione amministrativa. In quest'area della comunicazione istituzionale gli organi politici devono limitarsi a indicare gli obiettivi, assegnare le risorse umane e finanziarie, verificare i risultati astenendosi rigorosamente da ogni ingerenza nel concreto svolgimento delle attività.

A ciascuna area di attività devono quindi corrispondere strutture, responsabilità, risorse distinte e ben identificabili.

Il principio di separazione tra politica e amministrazione affermatosi nella nostra legislazione nel corso dell'ultimo decennio (e con maggior forza dopo tangentopoli) se è importante in altri settori (dalla gestione del personale alla realizzazione di opere pubbliche, dalla formazione professionale alla gestione dei servizi sociali) per impedire le degenerazioni che possono scaturire da un coinvolgimento diretto della politica nella gestione amministrativa e, insieme, assicurare l'accountability delle strutture amministrative, diviene fondamentale nel settore della comunicazione dove la sovrapposizione e l'intreccio tra politica e amministrazione comporta il rischio (rectius, la quasi certezza) di una finalizzazione politica dei messaggi istituzionali e dunque di una grave alterazione del rapporto tra amministrazione e cittadino oltre che di asimmetria informativa tra forze di maggioranza e forze di opposizione.

Da questo punto di vista la legge 150 e ancor più la direttiva Frattini non affrontano la questione in modo lineare ma, anzi, aprono scenari del tutto opposti. La legge infatti prevede che in ciascuna amministrazione esistano due strutture - portavoce (struttura peraltro facoltativa) e Ufficio stampa - dedicate all'attività di informazione e una terza, l'Ufficio relazioni con il pubblico (URP), dedicata alla comunicazione istituzionale. L'elemento di ambiguità è rappresentato dal fatto che il portavoce, ruolo esplicitamente politico, è nei fatti il capo dell'Ufficio stampa, il cui responsabile ha una funzione di direzione operativa ma non strategica.

Ne consegue una divisione verticale delle attività:

. la comunicazione attraverso i media - cioè quella a più forte amplificazione politica e di maggior impatto sull'opinione pubblica - è attribuita a strutture direttamente dipendenti dal vertice politico;
. la comunicazione ''di servizio'', destinata al cittadino-utente è affidata a strutture dell'amministrazione.


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 Così, se in linea di principio e, come si è detto, assai opportunamente, la legge non distingue i diversi media in relazione alla finalità (politica o istituzionale) cui le attività di comunicazione e informazione sono destinate, questa distinzione viene surrettiziamente introdotta quando si passa a regolare gli aspetti organizzativi. Di conseguenza le strutture sono distinte non per aree (comunicazione istituzionale/comunicazione politica) ma per mezzo.

La gestione dei rapporti con il sistema dell'informazione è tutta direttamente riferita agli organi politici e le strutture a ciò dedicate presentano un elemento caratterizzante: sono composte esclusivamente da giornalisti professionisti iscritti all'albo (5) .

Dunque: sia il portavoce che i membri dell'ufficio stampa devono essere giornalisti professionisti e ambedue le strutture sono inserite tra gli uffici di staff dell'organo politico di vertice dell'amministrazione.

Ne consegue che tutti i componenti di queste due delicatissime strutture sono scelti sulla base dell'intuitu personae e non attraverso una selezione pubblica che valuti titoli ed esperienze professionali. Criterio legittimo se applicato alla scelta del portavoce che gestisce l'informazione relativa all'attività politica di un Ministro; assai meno accettabile se esteso all'intero Ufficio stampa cui è affidata la gestione dei rapporti con i mezzi di informazione per ciò che riguarda il complesso dell'attività di un Ministero.

Con la ulteriore conseguenza che quello che potrà rapidamente divenire per i giornalisti un nuovo importante mercato, viene di fatto consegnato nella piena e discrezionale gestione del sistema politico: con quali effetti sulla già fragilissima indipendenza dell'informazione è facile immaginare. Si realizza così una sorta di tacito scambio tra sistema politico e categoria dei giornalisti: a questi viene riservato un mercato chiuso e protetto in quanto riservato ai giornalisti e, in cambio, alla politica viene garantito il controllo degli accessi al nuovo mercato dell'informazione pubblica attraverso la gestione del sistema di cooptazione. Uno scambio che tuttavia potrebbe rivelarsi presto miope per tutte e due le parti che lo hanno sottoscritto: per i partiti, che hanno pensato di poter conquistare per questa via la benevolenza della categoria e hanno rinunciato a garantire il bene comune rappresentato dall'autonomia e dall'imparzialità dell'amministrazione nell'esercizio della delicatissima funzione di informazione e comunicazione ai cittadini; e per i giornalisti, che vedranno ancor più accentuata la propria dipendenza nei confronti dei monopolisti dell'informazione.

Dunque, tutta l'area della comunicazione (politica e istituzionale) realizzata dalla pubbliche amministrazioni attraverso i mezzi di informazione viene posta sotto il controllo diretto degli organi politici; agli uffici dell'amministrazione rimangono le attività di comunicazione da realizzare attraverso gli sportelli di servizio: gli URP, gli sportelli per le imprese, gli sportelli polifunzionali. Ma a ben guardare neppure quest'area della comunicazione, tipicamente di servizio, sfugge al controllo degli uffici fiduciari degli organi politici.

La direttiva Frattini, infatti, nel dare indicazioni operative alle amministrazioni che si trovano ad attuare la legge 150, prevede che sia istituita una struttura di coordinamento formata dal Portavoce, dal capo dell'Ufficio stampa e dal capo dell'URP con il compito di realizzare una gestione integrata e coordinata di tutte le iniziative di informazione e comunicazione. In linea di principio il fatto che uffici che operano in ambiti affini o complementari si coordinino è senz'altro raccomandabile; tuttavia, nel caso di specie, ciò comporterà che le strutture di staff (portavoce e capo ufficio stampa) di diretta emanazione del vertice politico, di fatto eserciteranno un potere di influenza e di orientamento di tutta l'attività di comunicazione istituzionale delle amministrazioni pubbliche.

Se si considera che la stessa direttiva Frattini impegna le amministrazioni a destinare il 2% delle ''spese generali'' ad attività di comunicazione istituzionale, percentuale che, nel 2003, nelle Amministrazioni dello Stato (senza contare cioè regioni e Comuni) significa la possibilità di destinare fino a 730 milioni di Euro (cioè circa 1450 miliardi di vecchie lire!) a iniziative di informazione e comunicazione, si può avere un'idea della potenza di fuoco che nei prossimi anni potrà sprigionare dall'attività di comunicazione istituzionale delle amministrazioni. Silenziosamente si va dunque realizzando un'operazione di vastissima portata.

Ed è interessante notare come parallelamente alla crescita di questo nuovo mercato, nel settore delle imprese di comunicazione e di servizi demoscopici vada emergendo un fenomeno di graduale concentrazione in pochi grandi gruppi di una pluralità di aziende di dimensione medio-piccole che avevano sino ad oggi giocato da indipendenti. E' un fenomeno che andrà osservato attentamente anche con riferimento agli assetti proprietari che si vanno configurando nel settore: in un sistema in cui l'intreccio tra politica e informazione rappresenta già una forte anomalia, potrebbe spuntare l'ulteriore intreccio tra politica, informazione e comunicazione istituzionale .

Anche per questo l'applicazione della legge 150 merita di essere seguita con attenzione. E se le criticità che emergono dalla analisi della legge, si rivelassero in concreto fondate, varrebbe la pena tentare di intervenire prima che, anche in questo settore, si consolidino posizioni di monopolio che, col tempo, sarebbe assai più difficile rimettere in discussione .

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Note

 (1) Legge 7 giugno 2000, n.150, recante "Disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni", pubblicata in G.U. n.136 del 13 giugno 2000.

 (2) Direttiva sulle Attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, emanata dal Ministro per la funzione pubblica il 6 febbraio 2002 e pubblicata in G.U. n.7 del 28 marzo 2002.

 (3) Si ricorderà la polemica che, nella primavera del 2001, alla vigilia la campagna elettorale per le elezioni politiche (anche se già in clima pre-elettorale) , i gruppi dell'allora opposizione scatenarono contro il Governo per uno spot realizzato dal Dipartimento delle politiche sociali per informare i cittadini su alcuni benefici introdotti da alcune disposizioni legislative recentemente approvate dal Parlamento. Lo spot era interpretato da Lino Banfi e ambientato in un contesto che richiamava la casa di Nonno Libero, protagonista della fortunata serie televisiva "Un medico in famiglia". L'efficacia comunicativa delle spot fece infuriare l'opposizione che con due esposti, firmati uno dall'on.le Follini e l'altro dall'on.le Berlusconi, investì della questione l'Autorità per le telecomunicazioni sostenendo che non di comunicazione istituzionale si trattasse bensì di propaganda politica. L'Autorità non visionò il filmato affermando in via preliminare la propria incompetenza che sarebbe stata correttamente in
vocata solo se fosse stata lamentata una violazione delle norme sulla par condicio: norme che tuttavia sono operanti esclusivamente durante il periodo che la legge qualifica di "campagna elettorale" : il che nella fattispecie non era. Al riguardo, si vedano i verbali della 34° e della 35° riunione della Commissione per i servizi e per i prodotti dell'Autorità tlc tenutesi, rispettivamente il 29 novembre e il 6 dicembre 2000.

 (4) Nella stessa occasione infatti l'Autorità per le tlc sottolineò "l'esigenza di segnalare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri l'opportunità di individuare un organo che possa vigilare sul rispetto dei limiti posti dalla legge in materia di comunicazione istituzionale la quale, nell'assolvere finalità di utilità sociale, non deve confondersi con la comunicazione politica". La raccomandazione non ha sin qui avuto alcun seguito e pare assai arduo che si possa prevedere l'istituzione di un organismo cui spetti di sindacare nel merito la comunicazione istituzionale di tutte le amministrazioni pubbliche (vedi i verbali citati nella nota precedente).

 (5) Anche se questa previsione tassativa e generalizzata è stata circoscritta dal regolamento di esecuzione della legge ai responsabili degli uffici e a coloro che li coadiuvano direttamente (v. artt. 3 e 5 del D.P.R. 21 settembre 2001, n. 422, "Regolamento recante norme per la individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi")

 



Ultimo aggiornamento: 01/12/05